Per un paese più giusto e più uguale

Di Maria Chiara Panesi coordinatrice Arci commissione Laicità e diritti civili.

Si moltiplicano in questi ultimi giorni le fibrillazioni in vista dell’approdo in aula il ddl Cirinnà sulle unioni civili, previsto per il 26 ma nuovamente slittato al 28 gennaio. Per giorni il Pd ha cercato di ritrovare l’unità, mentre l’ala più cattolica dei dem cercava ancora la mediazione in nome di un’intesa ampia, ma arriva ieri sera una brusca frenata sulle adozioni che vanifica giornate intense di trattativa e irrigidisce le posizioni. È accaduto quello che per giorni si è cercato di evitare, l’ala cattolica ha formalizzato la richiesta di uno stralcio della norma sulle adozioni e il superamento dell’equiparazione delle unioni all’istituto del matrimonio. Il dibattito procede infuocato dentro e fuori le aule parlamentari, proclami e arringhe vengono affidate alle pagine dei maggiori quotidiani, ai salotti televisivi ma anche ai pulpiti veri e propri. L’obiettivo pare essere uno soltanto, costruire una comunicazione persuasiva, suadente, capace di raggiungere e convincere il popolo italiano. C’è chi in questi giorni ha parlato di ‘costruzione del nemico’ e probabilmente è davvero questa la volontà sottintesa ad interventi omofobi che dipingono il ddl Cirinnà come la misura che trasformerà il paese in una bolgia dantesca, dove la moralità e la solidità delle famiglie ‘tradizionali’ saranno attaccate e stravolte da un enorme girone di lussuriosi. E se l’obiettivo è convincere gli italiani sappiamo anche di partire un poco svantaggiati, il nostro è un paese profondamente disinformato, secondo i dati Agcom solo il 40% degli italiani si informa sul web e solo il 44% sui giornali. In Italia si legge e ci si informa poco, un terreno fertile dunque per campagne di disinformazione o di costruzione del nemico, basti pensare alla catena di Sant’Antonio del gender o al richiamo all’utero in affitto e alle madri surrogate che nulla ha a che vedere con il testo di cui stiamo discutendo. In realtà il caso italiano sta diventando quasi anacronistico, l’assenza totale di corpo normativo che riconosca le unioni omosessuali stride fortemente con un quadro europeo che si è dotato di strumenti e misure diverse di riconoscimento. Il ddl Cirinnà è diventato dunque un primo passo necessario per un pieno riconoscimento di tanti cittadini e cittadine, non soltanto per colmare un vuoto normativo e per avanzare dalla posizione di retroguardia che abbiamo assunto in Europa, ma per fare del nostro paese un luogo più giusto e più uguale. Il nostro obiettivo è il raggiungimento di un’uguaglianza formale e sostanziale per tutti i cittadini, perché crediamo che una democrazia possa dirsi veramente tale quando assicura protezione e diritti a tutti i suoi cittadini e cittadine, quando garantisce pari dignità a tutti ed elimina le disuguaglianze. Ma in questi ultimi giorni frenetici l’argomento del contendere è l’articolo sulla stepchild adoption. Sarà questo l’oggetto di nuove contrattazioni, stralci e rinvii, ma proprio su questo punto non sono accettabili mediazioni al ribasso. La stepchild adoption per noi è uno strumento minimo di tutela. È di questi ultimi giorni l’appello dei giuristi di Articolo 29 in cui 230 nomi autorevoli, magistrati e docenti di diritto, indicano la stepchild adoption come garanzia minima per i bambini, come misura nel massimo interesse del minore che assicuri a bambini che già esistono i diritti di cura e di mantenimento, il diritto all’unità familiare. Allora forse è bene ricordarci che quello che dobbiamo mantenere al centro è unicamente il massimo interesse del minore. Per dovere di chiarezza, non sarà certamente il ddl che stabilirà o meno se tantissime coppie continueranno a formarsi e bambini a nascere. Quello che possiamo fare è garantire il loro diritto all’unità familiare, a rimanere nella famiglia che hanno conosciuto in caso di disgrazia solo per fare un esempio. Il 23 gennaio sarà dunque una giornata di mobilitazione nazionale per chiedere al paese di svegliarsi e di muovere i primi passi verso l’uguaglianza. Perchè, che vi piaccia o no, è già famiglia.