Dalla parte di Ilaria senza se e senza ma

Di Susanna Marietti coordinatrice nazionale associazione Antigone.

La prima riga di Wikipedia, alla voce ‘garantismo’, recita che tale termine «indica una concezione politica che sostiene la tutela delle garanzie costituzionali del cittadino da possibili abusi da parte del potere pubblico». Spero saremo tutti d’accordo che nella vicenda Cucchi è a Stefano che è venuta a mancare la tutela di tali garanzie. Faccio fatica a lodare l’intenzione garantista di coloro che – all’indomani della ripubblicazione su Facebook da parte di Ilaria Cucchi della foto, già pubblicata dal diretto interessato, del carabiniere intercettato mentre si vantava di aver picchiato Stefano – si sono indignati per il post di Ilaria arrivato prima del terzo grado di giudizio. Carlo Giovanardi, Roberto Formigoni e altra compagnia hanno più volte parlato di Stefano Cucchi come di un drogato spacciatore. Non mi risulta che Stefano abbia mai ricevuto una sentenza per spaccio. Era incensurato. In questi anni i componenti dell’intera famiglia Cucchi, vivi o morti che fossero, sono stati trattati all’interno e nei corridoi delle aule di giustizia come se i criminali fossero loro o, nel migliore dei casi, come persone noiose e indesiderabili, del tutto fuori luogo nel chiedere la loro giustizia. Ho assistito personalmente ad alcune di queste situazioni. Sappiamo tutti che senza la tenacia di Ilaria Cucchi e del suo avvocato Fabio Anselmo non si sarebbe mai arrivati al punto processuale odierno. Un nuovo capitolo della vicenda di Stefano coinvolge oggi – anche grazie all’impegno dei nuovi pubblici ministeri – l’Arma dei carabinieri, che fino a oggi era rimasta fuori dalle aule del tribunale. Ci volevano oltre sei anni per arrivare a questo risultato? Ci volevano sei anni per notare che il nome di Stefano era stato sbianchettato dal registro della caserma ma si leggeva comunque in controluce? Chi si occupa di carcere ormai da tempo sa che quello di Stefano Cucchi purtroppo non ha costituito il primo caso di violenza istituzionale nei confronti di qualcuno che si trovava sotto la custodia pubblica. In passato si trattava tuttavia di notizie quasi per addetti ai lavori, notizie capaci di raggiungere un pubblico ristretto che per qualche motivo era già sensibilizzato al tema. Con Stefano si è rotto il muro del silenzio. Le persone comuni, l’Italia intera si è indignata dell’accaduto. E l’indignazione di massa è il più potente strumento di tutela dei diritti umani che possa mai esistere. Il merito di tutto questo è in grande parte di Ilaria Cucchi, instancabile e sempre appropriata nel chiedere verità e giustizia per suo fratello. La stessa Ilaria Cucchi contro cui tante e tante volte in questi anni si sono volute montare polemiche strumentali da parte di chi forse quella verità la teme. Ultima in ordine di tempo, la polemica recente per il post su Facebook. Ilaria Cucchi ha saputo usare gli strumenti della democrazia, da quelli giudiziari a quelli della comunicazione, per combattere il crimine che più mette a rischio la democrazia stessa, il crimine dello Stato che usa violenza contro chi dovrebbe custodire. Tutti noi le dobbiamo gratitudine. Ma di cosa stiamo parlando? Di una foto pubblica ripubblicata o di un ragazzo massacrato? Come già ho avuto modo di dire, io sono dalla parte di Ilaria senza se e senza ma.