Del reato di tortura non si parla più

Di Andrea Oleandri Antigone.

È di pochi giorni fa la notizia che il ministero degli Esteri ha offerto 45.000 euro ad ognuna delle 31 vittime delle torture commesse durante il G8 di Genova del 2001 nella caserma di Bolzaneto che, per l’incapacità italiana di punire i torturatori, si erano rivolte alla Corte Europea dei Diritti Umani. Già lo scorso 23 novembre lo Stato italiano ha offerto 45.000 euro ciascuno a due detenuti che, con l’aiuto di Antigone e di Amnesty International, erano ricorsi alla Corte di Strasburgo per non aver avuto giustizia in Italia riguardo alle violenze brutali da loro subite nel carcere di Asti. 33 proposte di composizione amichevole, quasi un milione e mezzo di euro, per evitare di arrivare ad una sentenza europea che, dopo quella dello scorso aprile sul caso delle torture all’interno della Scuola Diaz – anche in questo caso durante la ‘macelleria messicana’ del G8, un evento che ha scosso il mondo – avrebbe portato con ogni probabilità ad una condanna del nostro Paese. «Nel nostro ordinamento non esiste il reato di tortura – aveva scritto il giudice nella sentenza relativa al processo di Asti nel quale Antigone si era costituita parte civile – e noi giudici italiani non abbiamo strumenti sufficienti per punire quei poliziotti che abbiamo accertato essere dei torturatori». Di fronte al timore che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ci condannasse nuovamente, le autorità italiane hanno proposto queste composizioni amichevoli: accettate questi soldi e chiudiamola qua. Un evidente riconoscimento di colpevolezza da parte di uno Stato che ha paura ad affrontare una sentenza e preferisce mettere tutto a tacere. Arriveremo a sbancarci, ma guai a introdurre il reato di tortura nel codice penale, come gli obblighi internazionali da noi contratti ci impongono, come ci chiedono da decenni le Nazioni Unite e come Strasburgo ci ha sollecitato nella sentenza di condanna per le torture della Diaz. Per l’ennesima volta una legge in questa direzione sembrava essere avviata a una propria conclusione parlamentare e invece di lei non si parla più. L’Italia, chissà perché, ha paura che la Corte Europea torni a dirle di votare quella legge, che pur davvero tutelerebbe le tante persone oneste nelle forze di polizia distinguendole da coloro che abusano violentemente del loro ruolo. Matteo Renzi all’indomani della condanna europea per i fatti della scuola Diaz aveva twittato la necessità di introdurre subito il reato di tortura nell’ordinamento italiano: «quello che dobbiamo dire lo dobbiamo dire in Parlamento con il reato di tortura. Questa è la risposta di chi rappresenta un paese» scrisse. A distanza di nove mesi tutto è fermo.

Per questo chiediamo che Renzi si faccia immediatamente garante di una legge sulla tortura e a chiederglielo sono anche gli oltre 53.000 firmatari di una petizione promossa da Antigone e ancora firmabile all’indirizzo: www.change.org/chiamiamolatortura. La nuova iniziativa governativa, invece, che pare limitarsi a pagar soldi senza altro fare, sconfessa gravemente quel tweet.