Il 23 gennaio in piazza per chiedere insieme un atto di civiltà

Di Flavio Romani Presidente nazionale Arcigay.

Siamo a pochi giorni dall’inizio della discussione in aula al Senato del ddl.2081, la famosa legge Cirinnà di cui si parla da mesi, e il cui dibattito è divampato in maniera forte e spesso sconsiderata proprio in questi giorni, in vista del 28 gennaio quando la legge approderà in aula. E forse è necessario quindi porre alcuni punti di chiarezza: – questa legge non è il matrimonio, magari lo fosse, questa legge non è la legge che Arcigay e il movimento LGBT italiano vorrebbe, perché non porta alla completa e assoluta uguaglianza, non chiamiamola quindi ‘matrimonio gay’. Consideriamo comunque questa legge un bel passo avanti, anche perché partiamo da zero. Il ddl Cirinnà prevede gli stessi diritti e gli stessi doveri del matrimonio, e questo mette in sicurezza molte nostre situazioni famigliari. A patto però che la legge non venga svuotata dei suoi contenuti, perché questa legge è già una mediazione, ulteriori passi indietro non sarebbero accettabili; – questa legge non prevede l’adozione, due gay o due lesbiche non potranno presentare domanda per adottare un figlio rimasto orfano, semplicemente non sarà possibile. Tutti i dibattiti e i sondaggi che vediamo da giorni su questo punto sono utili solo a portare confusione e a creare una cortina fumogena. Sarà possibile solo l’adozione del figlio del partner, quindi di un bambino già presente all’interno della coppia, previa presentazione della domanda e con sentenza positiva del Tribunale dei minori, nell’ottica di favorire il massimo interesse del figlio. Chi vuole lo stralcio della stepchild adoption sa che colpirà il diritto del bambino ad avere un’altra persona che si prende la responsabilità di proteggerlo, aiutarlo a crescere, una responsabilità anche economica che non decade neanche in caso di separazione. Chi si oppone creerà degli orfani di stato. Chi si oppone, lo vediamo con sempre più chiarezza, lo fa perché non sopporta le coppie di due uomini o due donne, e fa cadere sui loro figli le presunte colpe dei padri e delle madri; – questa legge non c’entra nulla con il cosiddetto ‘utero in affitto’, tutta la discussione, che spesso è degenerata e ha assunto toni volgari e offensivi, è stata una trappola tesa ad arte dai soliti mistificatori, e purtroppo anche molti del mondo progressista ci sono cascati. La legge Cirinnà non sposta di una virgola nulla su questo, la gestazione per altri è vietata e rimarrà vietata in Italia, e chi vorrà ricorrervi all’estero lo farà come ha fatto finora in assenza di legge. E la malafede di chi vuol far presa sulla pancia degli italiani con false argomentazioni si scopre osservando alcuni dati: • il 98% delle coppie che ricorrono all’estero alla gestazione per altri è eterosessuale, quindi perché se ne parla a proposito delle unioni civili riservate alle coppie omosessuali? • questa possibilità medica di procreazione esiste da almeno 20 anni, e in questi 20 anni nessuno dei politici malpancisti o dei vescovi interventisti ha mai detto nulla, nessuna manifestazione contro, nessuna lettera ai fedeli dalle diocesi, niente di niente. Finora quindi andava tutto bene? Solo ora che c’è la possibilità che passi una legge tiepida sulle coppie dello stesso sesso assistiamo al triste spettacolo di questi che si strappano i capelli, e lo fanno con la menzogna dicendo di essere dalla parte «delle povere donne sfruttate»? Lo fanno contro i gay e le lesbiche, a questi delle ‘povere donne sfruttate’ non importa nulla. Noi siamo i primi a voler combattere lo sfruttamento che avviene indubbiamente nei paesi poveri, ma è un argomento profondo e delicato da trattare nei contesti giusti, e questo evidentemente non lo è. Il prossimo 23 gennaio saremo in più di 90 piazze in Italia e all’estero per dire al Parlamento di compiere con decisione un primo passo di civiltà che va in direzione dell’uguaglianza di fronte alla legge per milioni di gay e di lesbiche tuttora trattati da cittadini di serie B. È una battaglia che non riguarda solo gay e lesbiche, questa è una battaglia di chi vuole vivere in un paese senza discriminazioni. Però da soli non potremo mai farcela. Per questo è importante che tutta la parte migliore di questo paese si senta coinvolta e scenda in piazza con noi, e che tutte le associazioni che hanno a cuore i diritti e le libertà si mobilitino. Questa battaglia la vinceremo solo assieme, fianco a fianco. Facciamo tutti in modo che succeda il prima possibile.