Ritorno a Ventotene, dove vide la luce il sogno di un’Europa libera e unita

Di Raffaella Bolini Relazioni internazionali Arci.

Matteo Renzi ha acceso i riflettori su Ventotene – dove fra il 1941 e il 1944, nel tempo più buio, il sogno di una Europa di pace e di diritti vide la luce. In questa piccola isola, l’intelligenza lunga e visionaria di Spinelli, Rossi, Ursula Hirschmann e Colorni, confinati per antifascismo, scrissero il Manifesto per un’Europa libera e unita. Oggi l’Unione Europea rischia di frantumarsi, stritolata nelle spire di austerità, populismi, razzismi e persino nazismi. Tornare a Ventotene non è celebrare il passato, è promessa di impegno a fermare il disastro. Ma quanti sanno qualcosa di Ventotene e dell’isolotto di Santo Stefano? A un’ora di treno da Roma e da Napoli, un’ora di aliscafo da Formia, amata perdutamente dai suoi frequentatori, Ventotene è però immagine sfocata, in Europa e in Italia. E anche la sinistra l’ha valorizzata assai meno di altri sacrari della nostra storia. Il fascismo lì imprigionò e mise al confino per anni migliaia di oppositori. Tra gli altri Pertini, Terracini, Amendola, Lelio Basso, Longo, Secchia, Camilla Ravera, Di Vittorio. Le baracche dei confinati non ci sono più. Ma il carcere, cadente ma intatto, resiste dal 1795 quando fu costruito da Ferdinando IV di Borbone. Finì di essere galera solo nel 1965. In una delle sue celle, nel 1901 tre guardie ammazzarono di botte l’anarchico Gaetano Bresci, assassino di re Umberto I. La pena di morte era stata abolita, scontava l’ergastolo. Per la versione ufficiale, si impiccò a una grata. Dopo anni di impegno da parte di tanti personaggi autorevoli incluso Giorgio Napolitano, Renzi a Ventotene ha annunciato che sono stati trovati i fondi per il recupero del carcere. Diventerà un centro studi universitario per studenti europei e mediterranei, gestito in collaborazione con atenei di diversi paesi. Se il progetto andrà avanti, non sarà solo il carcere ad avere finalmente l’attenzione che merita. Ventotene, che con Santo Stefano è ‘area marina protetta’, ha un porto scavato nel tufo vecchio di duemila anni, una peschiera e due cisterne romane intatte. Ci sono i resti della Villa Imperiale di Giulia, con i cortili, le stanze, le terme a picco sul mare. Ottaviano Augusto confinò qui sua figlia- accusata di facili costumi, pare invece per motivi politici. La sorte di Giulia fu poi seguita da altre donne della nobiltà romana. Nel Museo Archeologico sono esposte ancore, anfore, reperti romani. Primo in Italia, c’è il Museo della Migrazione e Osservatorio Ornitologico: l’isola è tappa per gli uccelli che in primavera attraversano il mare per tornare in Europa. Sul fondo del mare giace il Santa Lucia, traghetto passeggeri affondato dagli alleati il 24 luglio 1943. Solo quattro persone si salvarono. E, a proposito di guerra: fu tappa per Mussolini dopo la deposizione, e l’8 settembre 1943 fu liberata da 48 paracadutisti Usa, guidati dal poi premio Nobel John Steinbeck. Ventotene non può da sola proteggere tutti i suoi tesori, con settecento abitanti e il solo turismo estivo. Non mancano i rischi, peraltro, in un sud pontino che confina con i feudi dei casalesi. Fece il possibile per la sua isola il mitico sindaco Beniamino Verde, che rifiutò di aprire Ventotene alla speculazione e al turismo da discoteca – rinunciando a farla ricca di soldi, e salvando la sua ricchezza vera. Fa miracoli da anni Fabio Masi, fine intellettuale, ex obiettore all’Arci e originario di Ventotene, che gestisce la libreria L’ultima spiaggia, vero e proprio centro di produzione culturale. Tanto fa Filomena Gargiulo, che da anni scrive la storia della sua isola, i Federalisti Europei che tengono sull’isola il loro annuale seminario, i giovani che tornano a coltivare biologico e locale, e tanti e tante altri – ciascuno come può. A fianco delle istituzioni, della Regione Lazio, del mondo accademico, sarebbe bello che a Ventotene la società civile italiana ed europea desse vita a una ‘università popolare’ fatta di stages, viaggi, corsi, incontri, scambi. Intorno a storia e memoria, natura e cultura gira il solo progetto che può salvare noi europei.