Il Terzo settore ha bisogno di una buona legge che lo aiuti a crescere

Di Maurizio Mumolo reti di Terzo settore e fondazioni.

Il progetto di riforma del Terzo settore sembra parcheggiato su un binario morto. L’infelice scelta di affidare la discussione in Senato alla I commissione Affari costituzionali ha prodotto il risultato temuto: dibattito lento e complicato, causato da un affollato calendario dei lavori (riforma della Costituzione, unioni civili, ecc.), scarsa attenzione dei senatori che hanno, evidentemente, altri ambiti di competenze. E come se non bastasse, sono stati presentati moltissimi emendamenti, molti da parte dello stesso relatore, non in sintonia con i colleghi del suo stesso gruppo alla Camera. Il testo approdato al Senato aveva molto migliorato quello originario del governo ma rimanevano ancora alcuni punti da modificare su argomenti anche molto rilevanti: attività accessorie a contenuto economico, autonomia statutaria, governance dei Centri di servizio, servizio civile nazionale. Il rischio ora è che l’impianto originario del ddl venga stravolto, in peggio. Tra gli emendamenti presentati dal relatore c’è la completa riscrittura della normativa fiscale del terzo settore con l’eliminazione della figura di ente non commerciale. In pratica, la qualifica di soggetto di terzo settore, con i conseguenti benefici di legge, verrebbe attribuita non più tenendo conto delle finalità dell’ente ma solo della tipologia dell’attività svolta. L’effetto combinato degli emendamenti all’art. 9 e dell’attuale testo dell’art. 3, avrebbe come conseguenza che le associazioni che autofinanziano le proprie attività attraverso i servizi erogati ai propri soci verrebbero assimilate, a tutti gli effetti, a imprese profit. Quindi, non solo non vengono premiati i soggetti che non pesano sui contributi pubblici per realizzare le proprie attività sociali, ma vengono addirittura penalizzati. Non c’è dubbio che gli eventi di Mafia capitale hanno inciso nella discussione di un disegno di legge che avrebbe meritato ben altra attenzione. Il fatto è che lo strumento attraverso il quale il legislatore sembra voler assicurare la trasparenza di gestione degli enti non profit è del tutto inefficace. Il problema non si risolve trasformando le associazioni in imprese. Prova ne è che le (poche) organizzazioni coinvolte in Mafia capitale sono, per l’appunto, imprese. Sembra che si sia dimenticata la funzione principale del terzo settore, il suo vero valore sociale: la promozione della partecipazione, la costruzione di legami sociali, il lavoro per la coesione sociale del paese. Solo rafforzando la democrazia interna e la partecipazione si può ottenere maggiore trasparenza nella gestione. Questa ed altre osservazioni sono state rivolte dal Forum del terzo settore ai parlamentari e ai rappresentati del governo intervenuti in una affollatissima assemblea pubblica che si è tenuta alcuni giorni fa a Roma. Il terzo settore, in questi anni, non solo è riuscito a resistere alla crisi, ma aiuta i cittadini che, di questa crisi, subiscono ogni giorno gli effetti. Non ha bisogno di una legge qualsiasi, e men che meno di una legge che lo stravolga completamente. Ciò che funziona non deve essere radicalmente cambiato. Il terzo settore ha bisogno di una legge che lo aiuti a crescere, ha bisogno di una buona legge.