“Fumava la pipa e diceva cose indispensabili”

Di Federico Amico coordinatore nazionale Arci Buone pratiche e Diritti culturali

«Fumava la pipa e diceva cose indispensabili». Così Andrea Pazienza tratteggiava sinteticamente Umberto Eco nelle tavole di «Tutti gli uomini importanti che mi hanno conosciuto». Sempre lui appariva prima in alcune vignette di Penthotal,ancora di Pazienza, storia ambientata negli anni settanta in quel di Bologna, alle propaggini di quel DAMS che lo stesso Eco aveva contribuito a istituire nell’ambito universitario italiano e che tanto ha segnato in termini di eccellenza per molti anni a seguire. Questi due esempi per riportare come la figura di Eco abbia non solo segnato una progressione notevole per la cultura italiana del ‘900 e dei primi anni zero di questo secolo,ma sia anche stato in grado di abitare un immaginario spurio. È a partire da Apocalittici e integrati che si segna, per la prima volta in Italia, l’abbattimento di quel muro, di crociana memoria, posto tra letteratura alta e bassa, tra una cultura appannaggio di un élite fatta di happy few e i fenomeni culturali di massa, popolari. Per la prima volta cinema, fumetto, fantascienza e tanto altro ancora entrano a pieno titolo nel dibattito culturale. Ed è proprio da questa riflessione che nasce una rivista come Linus, dalle cui pagine satira, fumetto e costume, sotto la direzione di Oreste Del Buono e la collaborazione fattiva dello stesso Eco, domineranno la crescita culturale informale di tutta Italia. E ancora: è proprio Eco ad essere al centro di una delle maggiori trasformazioni culturali segnata dall’avvio dei lavori del ‘Gruppo ’63’, dove, assieme a Sanguineti, Manganelli, Balestrini, Anceschi, Costa e molti altri ancora, si rivoluzionano poesia, letteratura e critica, contribuendo a trasformare l’editoria italiana anche grazie allo spirito controcorrente di Giangiacomo Feltrinelli. E ancora: per lunghi anni nel comitato di direzione editoriale della casa editrice Bompiani, Eco fa dell’ateneo Bolognese una fucina di sguardi inediti e calzanti sotto il profilo filosofico, semiotico e di indagine letteraria, coagulando nella collana Studi numerosissimi contributi su cui generazioni si sono confrontate. Il tutto segnato dall’incredibile capacità di coniugare erudizione e irriverenza, rigore di studio e incalzante ironia, in ossequio a quel ‘riso’ che padre Jorge del Nome della rosa avrebbe cercato poi di cancellare dalla faccia della terra. Così Eco è anche partecipe dell’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle) assieme a Calvino, Queneau e Perec, che gemmerà poi l’Oplepo (Opificio di Letteratura Potenziale), la sua versione italiana,spostando l’esercizio letterario nell’ambito della giocoleria e del calembour, secondo un’ottica tutta post-moderna dell’uso del linguaggio e dell’inventiva. Inarrivabile è infatti la sua traduzione di Esercizi di stile di Raymond Queneau, novantanove variazioni retoriche di una semplice descrizione cronachistica. Perciò, anche per non trasformare Arcireport in un mero obituario, vi propongo di giocare proprio con un esercizio di stile, certo che del lascito intellettuale imprescindibile di Eco sia anche da salvaguardare l’impertinenza profondamente laica che lo ha contraddistinto. Così, data la frase:
«Il professor Umberto Eco è morto nella notte tra venerdì 19 e sabato 20 febbraio 2016 a ottantaquattro anni», provatevi anche voi a riformularla secondo uno degli stili proposti proprio da Esercizi di stile.
Personalmente faccio mio l’ottantunesima variante, controverità: «l’analfabeta Umberto Eco e nato tra il giorno di martedì 2 e mercoledì 3 novembre 2016 e avrà un giorno ottantaquattro anni».