Sahara Occidentale: referendum subito!

Di Franco Uda coordinatore nazionale Arci Pace, solidarietà e cooperazione internazionale

Grazie all’iniziativa dei Comitati svizzeri di sostegno al popolo sahrawi, parte la campagna per domandare al Consiglio di sicurezza dell’ONU di organizzare, entro la fine dell’anno 2017, il referendum di autodeterminazione tra la popolazione Sahrawi secondo le regole del Piano di pace del 1991. Dal 1963, il Sahara Occidentale figura
sulla lista dell’ONU dei territori non autonomi i cui popoli hanno il diritto all’autodeterminazione. Nelle successive
risoluzioni ha demandato alla Spagna la creazione delle condizioni necessarie per l’organizzazione del referendum
e, da allora, l’ONU ha costantemente riaffermato il suo diritto all’autodeterminazione.Anche la Corte internazionale dell’Aiasi è espressa per il diritto all’autodeterminazione del popolo Sahrawi. Nel 1979
l’Assemblea generale dell’ONU riconosce il Fronte Polisario come rappresentante legittimo del Popolo Sahrawi e chiede al Regno del Marocco di mettere fine all’occupazione del territorio del Sahara Occidentale. Un Piano di pace viene stabilito nel 1991 sotto gli auspici dell’ONU e dell’OUA, viene accettato dalle due parti in conflitto, e prevedeva l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione per l’inizio del 1992. Un lungo processo di esame minuzioso degli elettori e delle elettrici potenziali ha avuto luogo tra il 1991 e il 1998. Visto il gran numero dei ricorsi depositati dal Marocco, la lista definitiva degli aventi diritto al voto non ha potuto essere stabilita poiché il Regno del Marocco non ha voluto applicare la procedura d’appello che era stata concordata tra le due parti e approvata dal Consiglio di sicurezza. Da 40 anni, la popolazione Sahrawi che vive nella parte del Sahara
Occidentale sotto l’occupazione marocchina continua a subire gravi violazioni delle sue libertà e dei diritti fondamentali: scomparse forzate, esecuzioni sommarie o extragiudiziali, arresti arbitrari, torture, processi da tribunali militari, attentati alle libertà di associazione, di manifestazione, di espressione, attentati ai diritti culturali. Da 40 anni, 150.000 Sahrawi vivono nei campi dei rifugiati autogestiti nel sud algerino. Il clima ostile del deserto rende la loro vita estremamente difficile. L’aiuto internazionale fornisce loro un paniere alimentare, calcolato su bisogni d’emergenza, ma insufficienti a lungo termine. La popolazione soffre di carenze e di malattie causate dalla situazione, i giovani Sahrawi crescono senza prospettive per il futuro, malgrado il livello elevato della scolarizzazione. Nel frattempo – in violazione della Prima Convenzione di Ginevra – il Regno del Marocco ha
proceduto al trasferimento di una parte della sua popolazione nel territorio occupato del Sahara Occidentale, di
cui sfrutta le ricchezze naturali a suo proprio profitto, con la complicità di imprese multinazionali ma in assenza
del consenso esplicito della popolazione Sahrawi. La campagna di raccolta delle firme proseguirà fino al 15 agosto
del 2016 e sarà un modo tangibile per continuare a dimostrare la nostra storica solidarietà a questo popolo.