Il Cara di Foggia, un cielo senza stelle

Era facile avere ragione: ci è sempre bastato semplicemente non negare la realtà. Una realtà che conosciamo da decenni, essendo la nostra associazione impegnata da tempo in questo (come in altri) settori. Ci riferiamo alla recente inchiesta dell’Espresso sul CARA di Foggia. Ma visto che ci sembra improprio ‘sparare sulla Croce Rossa’, come si suol dire, ancora una volta non ci vogliamo sottrarre dall’affrontare questa situazione, poiché parliamo di uomini, donne e bambini. Una realtà – uno schifo – che è stato per tutto questo tempo sotto gli occhi di tutti: dalla sistematica negazione dei diritti fondamentali dei lavoratori e di ogni essere umano, alle condizioni igienico sanitarie indegne di un paese che si vuol dire ‘civile’. Non ci volevano certo le inchieste giornalistiche per scoperchiare questo ‘vaso di Pandora’. Il nostro territorio, nelle sue articolazioni, con la sua diversità, è già noto a tutti da tempo. Oltre al CARA, in cui sopravvivono più di mille persone, non dimentichiamo i vari ‘ghetti’ sparsi per tutta la provincia ed i tanti lavoratori abusati e sfruttati, le tante dignità calpestate e non riconosciute che da tempo non solo abbiamo denunciato – senza mai sottovalutare la situazione – ma per cui, dobbiamo ammetterlo, non siamo mai stati ascoltati sufficientemente se non per tamponare soluzioni di emergenza, senza affrontare la questione nel suo complesso. Ci duole il cuore – ci dispiace per l’impegno e la professionalità che ci mettiamo ogni giorno – scoprire che un articolo di stampa può smuovere le acque ben più delle nostre precedenti denunce. Eppure nessuno si è mai mosso per cambiare le cose. E ci sembra un po’ ridicolo (anche offensivo, per la verità) che solo adesso si stigmatizzi una situazione da sempre sotto gli occhi di tutti. La verità può far male. Ma quando questa verità era raccontata dall’Arci tutta (vista la propria mission: accoglienza mirata, più attenta, orientamento verso il sistema educativo e di formazione, inclusione culturale oltre che sociale) e dalle altre associazioni del Terzo Settore, non importava a nessuno. Adesso – meglio tardi che mai – speriamo che chi di competenza si adoperi per ridare dignità ai fratelli migranti e rifugiati e, attraverso loro, alla nostra terra. E ci dedichi il suo ascolto. In un Paese civile, in un Paese che accoglie ed integra, è inverosimile che il grido di dolore del Terzo Settore venga sistematicamente ignorato. Noi continueremo a vigilare.

di Domenico Rizzi presidente Arci Foggia