N°3 Liberalizzazioni: un pacchetto con luci e ombre

Il popolo dell’acqua ha vinto un’altra battaglia.
Sotto la spinta della mobilitazione che in pochi giorni ha portato decine di migliaia di cittadini a firmare l’appello per il rispetto dell’esito referendario, il Governo ha deciso di cancellare dal decreto sulle liberalizzazioni il divieto di ricorrere nella gestione del servizio idrico ad aziende speciali costituite come enti di diritto  pubblico. È un’altra prova di forza di un movimento che non intende abbassare la guardia, perché gli interessi di chi lucra sul diritto all’acqua sono ancora forti e ben rappresentati.
Sarà la partecipazione dei cittadini a dover presidiare il ciclo delle acque, dai bacini idrografici alle modalità di gestione del servizio, dalle tariffe alla trasparenza degli appalti.
Del resto il pacchetto sulle liberalizzazioni presentato venerdì contiene non pochi elementi di accelerazione del processo di privatizzazione dei sevizi pubblici locali, in controtendenza con l’orientamento emerso dal referendum.

C’è poi anche molto di buono nel decreto, soprattutto laddove si cominciano a colpire lobby e rendite di posizione e si favorisce una maggiore concorrenza con l’intento di produrre l’abbassamento dei costi per gli utenti, maggiori consumi e nuova occupazione.
Ma le liberalizzazioni non sono il toccasana di ogni male e paiono francamente eccessivi gli entusiasmi di alcuni organi di stampa sui benefici che il paese ne trarrà.

In più parti il pacchetto è contraddittorio nei tempi e nelle modalità di attuazione. Il nodo del trasporto ferroviario regionale resta irrisolto e la gestione di Trenitalia continuerà a privare tanti pendolari del diritto a una mobilità accessibile, economica e sicura; la totale liberalizzazione dell’apertura dei negozi, oltre a peggiorare le condizioni di chi ci lavora, rischia di favorire la grande distribuzione strozzando la rete dei piccoli esercizi di qualità; banche e assicurazioni vengono appena sfiorate dalle misure e potranno continuare ad imporre condizioni capestro ai consumatori.
In compenso si amplia la libertà di trivellazione vanificando il divieto di estrarre petrolio dalle aree marine protette, proprio mentre l’arcipelago toscano rischia un devastante disastro ecologico.
Restano molti gli appetiti che minacciano i beni comuni, e sarà bene contrapporvi l’alleanza di enti locali e società civile che ai profitti privati spacciati per interesse generale intendono anteporre il vero benessere dei territori e delle comunità.