Nonostante le iniziative di denuncia e mobilitazione organizzate in Europa e in Italia, entrare nei centri di detenzione per migranti per garantire il diritto all’informazione è ancora estremamente difficile.
In Europa la Campagna ‘Open Access Now: Aprite le porte! Abbiamo il diritto di sapere’, ha lanciato una mobilitazione straordinaria, dal 26 marzo al 26 aprile, in cui le associazioni aderenti hanno chiesto alle autorità competenti dei propri paesi di poter accedere ai centri. Le risposte o non sono arrivate o sono state per la gran parte negative.
In Italia, nonostante la decisione del nuovo ministro Cancellieri di sospendere il divieto di ingresso imposto nel 2011 dall’allora ministro Maroni, la possibilità di accedervi non è per nulla garantita e per lo più è affidata alla discrezionalità della autorità del territorio dove ha sede la struttura.
E così, mentre a Bologna questa mattina una delegazione accompagnata dalla parlamentare Sandra Zampa ha potuto visitare il Cie di via Mattei, la richiesta avanzata dall’Arci di visitare nella giornata di domani il Cie di Trapani Milo non ha avuto risposta, mentre quella di entrare nel centro di via Corelli il 25 aprile è stata “differita a data da destinarsi in attesa della risposta del ministro Cancellieri cui è stata inoltrata per competenza”!
In questa situazione, va dunque apprezzata la risposta positiva del Prefetto di Bologna che ha consentito a diversi esponenti della società civile, tra cui Stefano Brugnara, presidente dell’Arci provinciale, di entrare nella struttura. La situazione che si sono trovati davanti è stata definita “drammatica” da Brugnara, sia per le condizioni di degrado ambientale che caratterizza in particolare il reparto maschile, sia per la condizione psicologica dei trattenuti. Spaesamento, disperazione e rabbia rappresentano infatti lo stato d’animo dominante. Spaesamento perché, a causa della mancanza di informazioni, nessuno conosce con precisione i motivi della reclusione nè quando potrà uscire; disperazione perché per alcuni il trattenimento nel Cie è arrivato per ritardi amministrativi nel rinnovo del permesso di soggiorno dopo anni di permanenza regolare in italia; rabbia per una condizione vissuta come ingiusta e senza speranza.
Una detenzione che può rubarti anche un anno e mezzo di vita, senza nessuna distinzione tra chi è accusato di reati penali e chi di inadempienze amministrative, senza possibilità di svolgere quelle attività che persino il carcere in molti casi garantisce, a causa della carenza di fondi. E tutto lascia pensare che i fondi che si intende investire diminuiranno e con essi la qualità dei servizi che l’ente gestore potrà fornire. E’ evidente allora quanto sia importante e urgente stabilire un flusso costante di informazioni, sia per chi è rinchiuso sia come strumento di sensibilizzazione e controllo su quanto succede all’interno.
Bologna, da questo punto di vista, rappresenta per ora un’eccezione.
Abbiamo infatti già detto che dalla Prefettura di Trapani non è arrivata nessuna risposta mentre filtrano notizie su 70 detenuti che avrebbero da giorni iniziato uno sciopero della fame e della sete, mentre ci sarebbe stato anche un tentativo di fuga in parte riuscito. E’ intollerabile che di tutto ciò l’opinione pubblica non sia messa in condizione di conoscere nulla, in un clima omertoso che certo non fa onore alla nostra democrazia.
A Milano la risposta è invece arrivata ed è ancora una volta negativa. La ‘fortezza’ Corelli continua a restare inaccessibile, visto che i dinieghi vanno ormai avanti da anni.
Per visitarla questa volta era stata scelta non a caso la giornata del 25 aprile, festa della Liberazione.
E nella manifestazione di Milano che commemora questa storica data il problema dei Cie sarà visibile a tutti, attraverso uno striscione che porterà scritto “Aprire gli occhi Aprire Corelli” , dietro cui sfileranno persone con la bocca chiusa dal nastro isolante, per ricordare l’incivile episodio dei due ragazzi rimpatriati con le bocche tappate e le mani legate.
Il senso più generale di tutte queste mobilitazioni sta però nella necessità di aprire con urgenza una riflessione sull’urgenza di metter fine alla lunga stagione della detenzione amministrativa, indicando alternative che mettano al primo posto il rispetto dei diritti anche nel caso di persone sprovviste di documenti.
Perché nessuno dimentichi che democrazia, diritti, dignità e trasparenza devono essere garantiti sempre e dovunque.