«Libertà è partecipazione», cantava Giorgio Gaber nel lontano 1972. E come definire realmente ‘libera’ una società che inibisce a milioni di persone la forma di partecipazione per eccellenza in democrazia, il diritto al voto?
L’argomento è stato fra l’altro al centro anche del recente confronto televisivo tra Sarkozy e Hollande. Su di esso i due candidati all’Eliseo hanno mostrato di avere idee chiare e molto distanti tra loro.
In Italia agli stranieri non comunitari si chiede, sin dal primo giorno del loro arrivo, di assolvere – giustamente – a tutti i doveri che gravano sui cittadini italiani, compreso il pagamento delle imposte, contribuendo così alla fiscalità generale. Ma non c’è nessuna automatica simmetria col godimento di quei diritti che garantiscono la piena inclusione nel sistema democratico.
Una evidente ingiustizia che, in occasione delle recenti elezioni amministrative, ha comportato l’esclusione dal voto di centinaia di migliaia di persone, tanto da indurre a chiedersi – e non solo come semplice provocazione – se nel nostro Paese sia davvero rispettato il principio del suffragio universale sancito dalla nostra Costituzione. Considerando solo i comuni maggiori in cui si è votato, una percentuale in taluni casi superiore al 10% di potenziali elettori (per esempio a Como, Parma, Verona e Piacenza, dove si arriva addirittura al 14,4%) non ha potuto votare perché priva della cittadinanza italiana. Si tratta di cittadini di origine straniera non comunitari, residenti regolarmente in quei comuni, spesso da molti anni, ai quali è impedito di concorrere alla scelta di chi dovrà amministrarli.
In totale, considerando tutto il territorio italiano, ben il 5,3% della popolazione residente non ha diritto al voto.
Lo scorso 6 marzo la campagna L’Italia sono anch’io ha depositato alla Camera dei deputati più di 100mila firme di cittadine e cittadini italiani in calce ad una proposta di legge di iniziativa popolare perché venga riconosciuto il diritto di voto alle elezioni amministrative e regionali ai non comunitari residenti nel nostro paese da 5 anni. Il testo che la Campagna ha adottato è stato elaborato dall’Anci nel 2005 e mette in atto un principio contenuto nella Convenzione di Strasburgo del 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica locale. Il nostro paese non ha mai ratificato quella parte della Convenzione che riguarda proprio il diritto di voto.
Come strumento in più per denunciare questo vulnus democratico, abbiamo distribuito nei comuni interessati dalla consultazione un adesivo con la frase ‘Io non posso votare’.
Ancora per 5 anni, molte città saranno governate senza avvalersi del contributo di un pezzo sempre più importante di società.
Un problema che dovrebbe vedere impegnate, per superarlo, le forze politiche demo cratiche con la consapevolezza che la questione non riguarda solo i diritti dei migranti, ma i principi fondativi del nostro sistema democratico.
Sul tema del diritto di voto continueremo ad adoperarci perché si apra il più ampio dibattito pubblico, con la certezza che la maggior parte dell’opinione pubblica stia dalla parte di chi ha sottoscritto la nostra proposta di legge.
Info: miraglia@arci.it