Una riscossa democratica per un’altra idea di scuola e di paese

Di Danilo Lampis coordinatore nazionale dell’unione degli studenti

Dopo l’ennesimo rinvio, il disegno di legge su La Buona Scuola sarà presentato martedì 10 marzo in un nuovo Consiglio dei Ministri. Oltre ai dubbi sulla possibilità di mantenere la promessa delle assunzioni, si rincorrono le indiscrezioni rispetto alle parti restanti della riforma. Emerge una scuola fondata sulla valutazione quantitativa; succube degli interessi delle imprese che richiedono perlopiù basse competenze e precarietà; aperta agli interessi e ai finanziamenti dei privati attraverso lo school bonus; con una gestione sempre più simile a quella di un’azienda che vede al centro un preside-manager procacciatore di investimenti; fondata sulla competizione e sui premi. Oltretutto si parla di detrazioni fiscali per le famiglie che iscriveranno i propri figli alle scuole private, oltre ad implementazioni dello strumento del Buono Scuola, già presente e contestato in alcune regioni italiane, come Lombardia e Veneto. Evidentemente alle lobby delle scuole private non bastano i finanziamenti diretti che lo Stato assicura in barba alla Costituzione. Se Renzi asseconderà le loro richieste, assesterà uno schiaffo unico alla maggioranza degli studenti che oggi frequentano una scuola pubblica dequalificata e sempre più costosa. Invece tempo fa Faraone aveva promesso un ‘pacchetto studenti’ all’interno del quale si sarebbero dovute inserire delle storiche rivendicazioni studentesche come una nuova legge nazionale sul diritto allo studio e uno statuto per gli studenti in alternanza. Oltre ai dubbi rispetto alla veridicità di tali promesse, continuiamo a denunciare il metodo usato dal Governo, che ha utilizzato come scusante la consultazione disposta nell’arco dell’autunno per legittimare una forzatura dei tempi parlamentari. Noi, invece, non abbiamo voluto far parte di quei 6600 studenti che hanno partecipato ad un dispositivo tanto populista quanto tendenzioso. Il pensiero sulla scuola si costruisce pazientemente dal basso, ascoltando tutte le componenti che la fanno sopravvivere e non imponendo dall’alto delle linee guida. Nelle nostre scuole non si è discusso di scuola e non si è avviato alcun processo costituente o pedagogico. Noi vogliamo costruire dei processi reali, non basati sull’individualismo delle tastiere. Per questo stiamo alimentando dei percorsi alternativi alla propaganda del Governo. Da anni esiste una legge d’iniziativa popolare, completamente alternativa alle linee guida del Governo, depositata in Parlamento lo scorso agosto ma lasciata nei cassetti senza essere discussa. Proposta di legge sottoscritta da oltre centomila cittadini che nel 2005, ai tempi del forte movimento nato per ottenere l’abrogazione della riforma Moratti, è oggi al vaglio nostro e di altri soggetti sociali e politici che hanno l’obiettivo di attualizzarla e renderla ulteriormente condivisa e al passo con le nuove esigenze. Questa legge contiene già tanti principi stringenti che da sempre sosteniamo come: l’idea di un diritto allo studio universale; l’elevamento degli investimenti in istruzione al 6% del Pil; l’estensione dell’obbligo scolastico ai 18 anni; l’abbassamento della soglia degli studenti per classe a 22 persone; programmi moderni ed efficaci, modulati a seconda del contesto e delle esigenze di ognuno; l’implementazione della partecipazione alla gestione della scuola da parte di tutte le componenti, in primis quella studentesca; un piano straordinario per l’edilizia scolastica; l’autovalutazione democratica per un miglioramento continuo e tanti altri obiettivi che potrete leggere nell’articolato della legge che proprio in questi giorni stiamo emendando. Ma oltre a richiedere una messa in discussione della LIP, vogliamo provare a sfidare il Governo sulle priorità. Noi ne abbiamo elaborate sette nel corso degli ultimi mesi di mobilitazione, senza le quali non si riuscirà mai a costruire un’Altra Scuola: finanziamenti, diritto allo studio, alternanza scuola lavoro di qualità, edilizia scolastica e una radicale riforma della valutazione, una nuova idea di autonomia scolastica e una revisione dei cicli formativi, della didattica e dei programmi. Il 10 marzo, giorno in cui conosceremo i contenuti del ddl su La Buona Scuola, l’UdS presenterà alla Camera le priorità per un’Altra Scuola, per restituire la dignità all’istruzione pubblica. Ad un’idea di scuola fondata sulle esigenze del mercato vogliamo opporne un’altra, capace di determinare una nuova idea di modello di sviluppo. Un’idea di scuola che vuole dare delle risposte alle nostre generazioni facenti parte di un’ampia fetta di società in progressivo impoverimento, esclusa dalla cittadinanza e subalterna. Occorre certo ripartire dal ruolo della scuola, da un rinnovato rapporto con il territorio, da un ripensamento del diritto allo studio e da tanto altro. Eppure non basta. Abbiamo un bisogno impellente di promuovere una forma di reddito minimo che, oltre a rispondere al dramma della precarietà della nostra generazione, possa favorire la formazione ed il reinserimento nei percorsi formativi. Con il Jobs Act, che istituzionalizza la precarietà come dispositivo dominante di gestione della forza lavoro, risulta determinante il ruolo dei luoghi della formazione nel mettere in discussione i paradigmi attuali del mondo del lavoro. Dunque, oltre a farci carico della responsabilità di bloccare la riforma della scuola di Renzi opponendone delle alternative, abbiamo tutta la necessità di tornare a farci sentire per affermare la necessità di un’inversione delle politiche sul lavoro. Il 12 marzo torneremo nelle piazze di tutto il Paese perché non siamo disponibili a cedere il passo ad una ristrutturazione complessiva del nostro Paese in chiave neoliberale. Il nostro sguardo valica chiaramente i confini nazionali e guarda con complicità a tutte le battaglie che si stanno portando avanti in Europa contro l’austerità, da quella greca sino alla giornata del 18 marzo promossa dalla coalizione Blockupy, che vedrà movimenti e sindacati europei manifestare a Francoforte in concomitanza dell’inaugurazione della Eurotower della BCE. Lavorare nel lungo periodo per una riscossa democratica sul piano europeo è l’unica soluzione per restituire la dignità a chi in questi ultimi vent’anni ha pagato sulla propria pelle la crisi.