Una grande rete europea per l’antimafia sociale

Di Alessandro Cobianchi, coordinatore CARTT

 

È possibile costruire una grande rete sociale europea, in tema di lotta alle mafie, attraverso la partecipazione, l’educazione popolare, le politiche di inclusione? È stata questa una delle domande cui si è tentato di dare risposta in occasione del seminario organizzato a Bari nell’ambito del progetto itinerante CARTT, finanziato dall’UE e realizzato da Arci con altri partner italiani e stranieri. Oltre al tema delle nuove schiavitù (con particolare attenzione al fenomeno delle badanti), il seminario è servito a un confronto fra Arci, Ligue, Parada, Libera, Initjamed e numerosi autorevoli ospiti, sulla formazione e l’educazione in materia di lotta ‘popolare’ alla criminalità organizzata. Una bella occasione quindi per condividere le buone pratiche della nostra antimafia sociale, specialmente in Paesi dove si registrano ritardi nell’elaborazione stessa del ‘nemico’. Un’opportunità inoltre per fare una riflessione sull’ efficacia e modernità di alcuni di questi strumenti nel nostro Paese. Un’antimafia popolare che deve tener conto di vent’anni di attivismo ma anche del tempo in cui la retorica ‘antimafiosa’ potrebbe essere un punto a favore delle organizzazioni criminali italiane e transnazionali.

I relatori hanno arricchito la riflessione con le proprie analisi. Joan Queralt, uno dei massimi esperti di criminalità organizzata in Spagna, ha evidenziato le connessioni fra economie e mafie; Paolo Sartori, funzionario del Ministero dell’Interno, dirigente dell’Interpol nell’Europa dell’Est, ha illustrato la mappa degli interessi criminali e i progressi investigativi, sottolineando l’importanza del ‘controllo sociale’, cioè della fase di prevenzione, a partire dalle organizzazioni non governative. Spunti notevoli anche quelli emersi dal territorio: il giornalista De Vito ha raccontato i collegamenti fra le mafie endogene e quelle straniere, georgiana in primis, mentre il giudice Francesca La Malfa ha spiegato le ‘fatiche’ della corsa contro il tempo in occasione di sequestri e confische di beni ai mafiosi.

Contributi importanti anche dell’Arci, rappresentata dalla sua presidente Francesca Chiavacci. La nostra associazione ha dimostrato, nei vari interventi, una matura elaborazione sui temi della tratta, della formazione, dell’educazione scolastica e della lotta alla criminalità organizzata: un buon viatico per continuare una discussione che possa vederci come protagonisti. Il seminario aveva diversi obiettivi: comprendere l’avanzamento della rete europea nata dai viaggi di carovana; evidenziare la necessità della formazione, cioè dell’acquisizione di competenze e contenuti da utilizzare nella fase di progettazione e di advocacy, affinché l’una sia cerniera dell’altra; rafforzare un humus culturale entro cui costruire le politiche di ciascuna delle organizzazioni coinvolte. Si può dire che l’argomento sia stato centrato. La bussola dell’antimafia è sicuramente in Europa, parte da qui. ‘Europeizzare’ le nostre pratiche però non può essere la scelta di chi passa davanti al pozzo per riempire semplicemente il secchio, perché forse è il tempo di scavare per cercare acqua nuova e in profondità.

 

ArciReport, 5 marzo 2015