Il voto sul TTIP previsto per il 10 giugno a Strasburgo slitta a data da destinarsi. Lo ha deciso il presidente Schulz applicando l’articolo 175 del regolamento del Parlamento Europeo dopo essersi consultato con il presidente della Commissione Commercio Internazionale (INTA). Il motivo? I 200 emendamenti arrivati in aula e la richiesta di voti separati e con chiamata nominale. Toccherà probabilmente di nuovo a INTA decidere sugli emendamenti e le proposte presentate in plenaria. Sembra evidente che nel gruppo dei Socialisti & Democratici la questione dell’ISDS (clausola che istituirebbe la possibilità di ricorso a corti private di arbitrato internazionale per risolvere le controversie tra investitori e Stati) stia diventando esplosiva e che gli accordi con i Popolari non siano poi così solidi. Di fronte al ‘rischio’ di una crisi della grande coalizione (Socialisti, Popolari e Liberali) che detiene la maggioranza dei voti nel Parlamento europeo si è preferito quindi non votare. La mobilitazione di questi giorni di cittadini e reti di movimento, grazie ai due milioni di firme raccolte e alla pressione diretta della società civile sui Parlamentari Europei, ha certamente giocato un ruolo fondamentale nel rafforzare queste spaccature. Dunque, le criticità sollevate durante questo periodo dalla Campagna Stop TTIP non erano vaneggiamenti privi di basi, bensì riguardavano pericoli concreti di mutamenti irreversibili dell’ordinamento democratico europeo e nazionale. La richiesta resta perciò immutata: nessun accordo è meglio di un pessimo accordo. Più volte è stato denunciato come il TTIP rappresenti un tassello fondamentale nel processo globale di deregolamentazione che mira a sancire il primato dei diritti degli investitori sui diritti delle cittadine e dei cittadini, su ogni residuo di sovranità popolare. Un cavallo di Troia che consentirebbe alle multinazionali di influire sul processo legislativo ex-ante ed ex-post, istituzionalizzando il potere delle lobby nel processo democratico. Inoltre, il Trattato mina alla radice il principio di precauzione, aumentando i rischi per la salute alimentare e, come dimostrano diversi studi di impatto, causerebbe la perdita di circa 600mila posti di lavoro in Europa. Adesso è necessario aumentare il controllo democratico della società civile sulla prossima riunione della Commissione Commercio Internazionale, per evitare che ancora una volta si assista all’ennesimo furto di democrazia a vantaggio dei forti interessi commerciali.