Di Davide Grilletto, presidente Arci Reggio Calabria.
Raccontare cos’è Arci a Reggio Calabria non può prescindere dal raccontare il nostro territorio. Città di ‘ndrangheta, certo, di diseguaglianze e povertà, Reggio Calabria è laboratorio di contraddizioni drammatiche dalle cui macerie nascono tuttavia anche modelli innovativi di sviluppo sociale e culturale. Reggio Calabria ha quindi tanti volti. Sono i volti dei ragazzi della Comunità Ministeriale del Tribunale dei Minori con i quali proviamo a ricostruire percorsi di consapevolezza e riscoperta di una dimensione etica attraverso il lavoro ed il confronto, sono i volti dei giovani del progetto Macramè impegnati a tessere reti d’impegno volontario e solidale, sono i volti dei volontari dei campi della legalità che ogni anno ospitiamo e che portano via con sé l’immagine di una terra che non si rassegna. Arci a Reggio Calabria è dunque tanti altri volti ma è anche tanti altri luoghi: è un’ex sala giochi nel cuore della città a pochi passi da scuole di diverso ordine e grado, luogo di malaffare economico e sociale. Questo bene, confiscato alla mafia nel 2008 e assegnato al nostro Comitato, rappresenta con i suoi 500 m2 uno spazio enorme da riconsegnare ad una città che ha vitale bisogno di proporre ai propri giovani modelli culturali, di cittadinanza, di svago che siano alternativi e virtuosi, affascinanti e solidi. È il sogno ma anche le realtà di riappropriazione collettiva di altri beni comuni, ad esempio quelli confiscati e destinati ai nostri partner storici: Villa Placanica e i terreni agricoli annessi a Pentedattilo, i 4 ettari di aranceto e discarica sul fiume Metramo a Rosarno. Volti, luoghi, e relazioni: i progetti di accoglienza ed integrazione per richiedenti asilo a Villa San Giovanni e a Stignano; il Frantoio delle Idee, vecchio frantoio abbandonato per lunghi anni e restituito alla collettività e alla creatività dai compagni di Cinquefrondi; Rosarno e la sua Casa del Popolo, luogo che nella memoria delle battaglie del passato custodisce il seme della speranza presente; gli sportelli di tutela dei diritti e di assistenza a lavoratori e migranti in diversi comuni del territorio, a Rizziconi come nella città capoluogo. L’Arci a Reggio Calabria è soprattutto un continuo, ostinato tentativo di mettere insieme cittadini, associazioni, esperienze, idee e progetti che spesso fanno fatica a stare insieme, a convivere e collaborare pur avendo prospettive analoghe, è riscoprire un’identità comune senza la paura di dover rinunciare alla propria, è la scommessa faticosa di chi non teme di mettere in gioco le proprie appartenenze per promuovere reti e relazioni positive. Ci piacerebbe quindi un’Arci in cui ricchezze e criticità che abitano territori e comitati in tutta Italia siano costantemente nell’o.d.g. delle discussioni nazionali. Ci piacerebbe un’Arci che offra occasioni di formazione politica, che metta a disposizione, ad esempio, una banca dati di esperienze, competenze e professionalità dei dirigenti locali da cui attingere in caso di necessità, un’Arci che aiuti la formazione pratica per i giovani che intendono aprire un circolo in cui possano trovare sfogo aspirazioni e talenti, dubbi e proposte. Ci piacerebbe un’Arci che rispetti sempre le regole che si dà. Un’Arci, ad esempio, senza slot machine nei propri circoli. Un’Arci in cui un presidente di comitato, esaurito il suo secondo mandato, misuri il valore del proprio operato in base alla qualità della classe dirigente che ha contribuito a formare per sostituirlo. Ci piacerebbe un’Arci che abbia il coraggio di chiamare una discoteca discoteca, un bar bar, un ristorante ristorante e un circolo Arci, circolo Arci. E che solo quest’ultimo trovasse spazio, forma e dignità nella nostra associazione. Ci piacerebbe un’Arci che trovasse il tempo di riunire tutti i presidenti di comitato per parlare di questo e tanto altro. Ma forse quest’Arci c’è già.
Di Sara Stangoni, presidente Arci Sassari.
A un anno e mezzo dal primo tragico round del Congresso nazionale poco è cambiato rispetto agli obiettivi che ci eravamo dati. A cosa miravamo quando – non del tutto consapevoli di ciò che ci aspettava – ci avviavamo a celebrare un nuovo corso e le magnifiche e progressive sorti dell’Arci? Come tutti aspiravamo ad allargare la nostra base, a perseguire in maniera adeguata il tanto evocato sviluppo associativo, pur consapevoli di partire da uno svantaggio: il costo dell’affiliazione all’Arci, decisamente poco competitivo nel panorama dell’associazionismo italiano. Il nostro valore aggiunto, rispetto a quello del mercato, dovrebbe essere la capacità di accendere il desiderio di fare comunità, coniugando benessere individuale e responsabilità collettiva; conquistare nuovi spazi di libertà ed espressione, con coraggiose iniziative culturali e formative; riprendere voce nel dibattito pubblico, creando mobilitazione e sviluppando laboratori permanenti di elaborazione politica e partecipazione. Tutto questo, semplicemente, non è (ancora…) stato, mentre c’è stata un’emorragia di circoli ed associazioni che, messi alle strette da una crisi economica oltre che politica, hanno scelto di affiliarsi altrove. L’inasprimento degli obblighi legislativi e burocratici dispiegatosi negli ultimi anni a danno del mondo dell’associazionismo, oltre a dimostrare il mancato riconoscimento della funzione sociale e culturale dei circoli, non aiuta. Le istituzioni, anziché tutelare il diritto ad associarsi, mostrano tutto il loro zelo nel far rispettare regolamenti e delibere che, per quanto legittimi, sembrano creati apposta per impedirci di essere come vorremmo. Per rispondere a queste difficoltà è indispensabile potenziare l’azione di governo dell’associazione, svolgendo un ruolo più forte di indirizzo e orientamento verso i circoli. versol’assembleadeicomitati La circolazione delle informazioni, utile a favorire la condivisione di pratiche innovative di economia sociale e cittadinanza attiva, di esperienze di mutuo soccorso ed educazione popolare, di vertenze e iniziative locali e nazionali, è insufficiente. Si devono progettare e realizzare attività formative, laboratori, seminari e sfruttare maggiormente le potenzialità informative della rete. L’ampliamento dell’offerta di servizi ai circoli – nonché la possibilità di creare lavoro all’interno dell’Arci, tema quanto mai spinoso – si dovrebbe sostenere a fronte di un’attività di diversificazione delle fonti di finanziamento del comitato, attualmente rappresentate dal solo tesseramento, insufficiente per un comitato di piccole dimensioni come quello sassarese. Per intensificare l’attività di progettazione sarebbe utile sviluppare il collegamento con il livello nazionale, da troppo tempo ostaggio di un immobilismo non più giustificabile.