Verso l’Assemblea nazionale dei comitati territorial

Di Ornella Pucci, presidente Arci Pesaro.

Il comitato provinciale dell’Arci della provincia di Pesaro e Urbino è attualmente composto da 68 circoli, di cui 59 con somministrazione e 9 senza, con attività esclusivamente culturali, per un totale di circa 8000 soci. Il territorio della nostra provincia è praticamente suddiviso in 3 aree, una che gravita su Pesaro, una su Fano e una su Urbino, che sono i nostri tre centri più importanti. Negli ultimi quattro anni il numero dei nostri circoli è variato da un massimo di 72 fino ad un minimo di 68 (-5%) che è il dato attuale, ed una erosione di soci pari a poco più del 10%. Si è comunque apparentemente bloccata una espansione che prima degli anni di inizio degli effetti pesanti della crisi sembrava naturale. La crisi ha colpito pesantemente anche la vita economica e sociale dei nostri circoli, anche di quelli più tradizionali e consolidati, ed ha depresso l’espansione di nuove progettualità che sono alla base della promozione e costituzione di nuovi circoli e di nuove attività. Proprio per questo una delle priorità del comitato è quella di promuovere nuovo associazionismo soprattutto tra i giovani attraverso la promozione dei valori di cui l’Arci è portatrice che sono anche alla base delle sue campagne. Il comitato territoriale ha sempre promosso attività culturali e attività ricreative verso i minori, alle quali si sono aggiunte negli ultimi anni attività di socializzazione e alfabetizzazione nei confronti dei migranti. Anche queste attività soffrono a causa della riduzione e in alcuni casi dell’azzeramento dei finanziamenti pubblici dedicati, per cui quasi tutti gli sforzi del comitato sono direzionati al mantenimento di queste iniziative, fondamentali per l’identità dell’Arci nel territorio. La crisi purtroppo non è solo economica ma anche politica e sociale e anche nelle realtà che erano considerate più avanzate su alcuni temi non esistono più luoghi di confronto e di partecipazione, questa questione crediamo che per noi sia irrinunciabile e vogliamo rappresenti la priorità dei nostri prossimi programmi e progetti. Il fatto che la politica non si sia posto questo problema ha alimentato isolamento e rabbia, malessere sociale, sfiducia nelle istituzioni, permeabilità al razzismo e all’antipolitica. È una questione sociale che noi vogliamo riportare all’ordine del giorno. È una mission molto importante, a mio avviso, per tutta l’Arci e mi aspetto che la nostra direzione nazionale la faccia propria. Mi auguro che questa prima Assemblea dei comitati territoriali non rimanga una iniziativa isolata, che ci aiuti a trovare il modo di realizzare non solo un proficuo scambio reciproco, ma una sintonia tra centro e territorio che va recuperata e rafforzata per affrontare le sfide che abbiamo davanti.

Di Michela Faccioli, Presidente Arci Verona.

Se mi si chiede di indicare le priorità dell’intervento politico di Arci Verona sul territorio, sostengo esserci una necessità principale e più necessità ad essa subordinate e collegate. La principale o, meglio, quella generica, è creare una dimensione esterna all’associazione, trasferendo fuori di noi il portato di una struttura che consta di circa cinquemila soci/e e di ventisei basi associative, facendo quindi rilevare che agiamo nella società e che non siamo l’Arci solo quando ci troviamo all’interno delle mura, spero accoglienti e gratificanti, dei nostri circoli. Le subordinate riguardano il come, che spesso si traduce nel cogliere l’attualità. Ad esempio: al rientro dalla pausa estiva, ci siamo posti la questione di partecipare alla Marcia veneziana delle donne e degli uomini scalzi; perché andare fino a Venezia? Perché non marciare a Verona anche senza red carpet? In quattro giorni abbiamo organizzato la marcia, ad iniziare dalla Cgil e dall’Arci, e raccolto l’adesione di circa un’ottantina di organizzazioni, che non aspettavano altro, dopo mesi di incessante propaganda sulla presunta ‘invasione’ da parte dei profughi, per spargere umanità in dosi massicce. Ne è scaturita una bella, variopinta (ragazzi e anziani, laici e religiosi, veronesi ‘de soca’ e nuovi veronesi) e partecipata manifestazione (per la cronaca: secondo noi circa 1.500 persone, per la Questura 1.000). Se mi si chiede quali sono le principali difficoltà che incontriamo, è facile rispondere che la coperta si fa sempre più corta; che se alcuni anni fa a settembre il saldo sul conto corrente non ci dava preoccupazioni, oggi è fonte di allarme; che i costi per il comitato e per i circoli tendono a crescere (si pensi ai corsi per la sicurezza sui luoghi di lavoro o al documento previsionale di impatto acustico) come pure la burocratizzazione (si pensi al modello EAS obbligatorio per le APS e non per associazioni di volontariato). Se mi si chiede quale tipo di supporto e di contributo potrebbe offrire Arci nazionale alla nostra attività sul territorio, cado in una serie di annose ripetizioni: credo in una formazione permanente dei dirigenti (nazionali e territoriali) sia culturale e politica sia gestionale; credo debbano essere riviste le tutele assicurative che di frequente non si rivelano tali; credo vada sedimentato il sapere di questa grande associazione (è da un po’ che non escono pubblicazioni di rilievo); credo non possiamo perdere altri treni rispetto alle possibilità di crescita (come è possibile, ad esempio, che una realtà con più di un milione di soci non abbia ancora messo a sistema una rete per un turismo sociale e responsabile?). Credo perciò in un certo numero di cose e nella facoltà dell’Arci di realizzarle. Sabato ci riuniremo nella prima Assemblea dei comitati e spero vi partecipino sia i dirigenti locali sia i dirigenti apicali perché l’Arci è un tutt’uno: la mano destra non può non sapere cosa fa quella sinistra e viceversa. Questione di disarmonia o di sintonia